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Non c’è pace per le ossa di San Tommaso

Il 28 gennaio la Chiesa festeggia San Tommaso d’Aquino, grande teologo e filosofo, nato nel castello di Roccasecca nel 1224 (o 1225) e morto a Fossanova nel 1274. Nella diocesi di Sora, Aquino e Pontecorvo, in ossequio ad una disposizione ecclesiastica, i festeggiamenti cadono, invece, il 7 marzo, giorno della sua dipartita. Ma se la vita dell’Angelico Dottore è ai più nota, assai meno conosciute sono le vicissitudini alle quali andò incontro il suo corpo. Ma procediamo con ordine. Nell’estate del 1273 Tommaso si trovava a Napoli per dirigere lo “studio” generale di teologia. La sua salute, però (si era appena ristabilito da un violento attacco di febbri malariche), logorata da un’intensa attività sia intellettiva che fisica, iniziava decisamente a declinare. Messi da parte gli impegni prese la decisione di trascorrere un breve periodo di riposo presso la sorella Teodora che, andata in sposa a Ruggero di San Severino, risiedeva nel salernitano.

Nel gennaio del 1274 il pontefice Gregorio IX lo chiamava a partecipare al Concilio di Lione. Ad onta delle non ottimali condizioni fisiche Tommaso rientrò a Napoli e, subito dopo, accompagnato dall’inseparabile fra Reginaldo, si mise in cammino per la Francia. Il viaggio procedeva a rilento. Nei pressi di Teano Tommaso ebbe un malore, cadde da cavallo e batté violentemente la testa contro un albero. Poi si riprese e la marcia poté continuare sia pure con enorme fatica. Giunto nei pressi del castello di Maenza fu costretto di nuovo a fermarsi e a chiedere ospitalità alla nipote Francesca. Ormai era in fin di vita (qualcuno ha ipotizzato un avvelenamento commissionato dal re Carlo d’Angiò) e a niente valsero le cure. Sentendo vicina la morte volle essere portato nell’abbazia di Fossanova e qui, assistito amorevolmente dai frati cistercensi, in una disadorna stanzetta, rese l’anima a Dio: era il 7 marzo del 1274. Fin da subito le spoglie di San Tommaso non trovarono pace. I primi problemi li ebbero i frati che, non riuscendo a far entrare nella bara il suo corpo massiccio, lo misero, a quanto sembra, in un calderone d’acqua bollente per far sciogliere il grasso. Quindi Tommaso fu sepolto dapprima in una cappella della chiesa dell’abbazia, poi in quella di Santo Stefano vicino il chiostro, e, infine, presso l’altare maggiore del monastero. Gli spostamenti erano diretti ad occultare il corpo del Santo che veniva conteso da molte comunità. Tutto, però, risultò inutile. Furono gli stessi cistercensi a recidere la testa per conservare la parte più nobile del corpo. Essa fu portata nella chiesa di San Benedetto, a Priverno, riposta in un’urna d’argento e chiusa da ben 5 chiavi conservate da cinque persone diverse. Nel 1288, poi, Teodora, volendo possedere un ricordo del fratello, chiese e ottenne dall’abate di Fossanova la sua mano destra che fu collocata nel castello di San Severino. La tradizione ricollega ad essa alcuni miracoli il più famoso dei quali si ebbe nel 1316. Un canonico che si era rifiutato di ossequiare la reliquia fu colto da un fortissimo tremore che si placò soltanto quando chiese di baciare la stessa. In seguito la mano del Santo fu trasferita a Salerno, nella chiesa di San Domenico. Essa, però, mancava del pollice che era stato preso da fra Reginaldo all’atto della sepoltura a Fossanova e poi donato ad un tale frate Ugo divenuto, in seguito, cardinale. Alla mano di San Tommaso furono attribuiti effetti prodigiosi. Secondo i Bollandisti molti anni dopo la morte essa era ancora “immutata nel colore, intatta, con pelle, carne e unghie” e per di più “emanava soavissimo odore a quanti la veneravano”. Ma non è ancora tutto… Quel che restava del corpo, infatti, fu oggetto di un’accanita disputa fra il conte Onorato I di Fondi e il signore di Priverno tra cui non correva buon sangue. A un certo momento, complice l’abate di Fossanova, il corpo di San Tommaso fu portato a Fondi. Ne scaturì una violenta lite sulla quale fu chiamato a pronunciarsi il pontefice Urbano V che, nel 1368, assegnò le reliquie di San Tommaso ai domenicani di Tolosa che le riposero nella chiesa a lui dedicata. Nel corso della rivoluzione francese le stesse furono trasferite nell’altra chiesa di Saint Sernin, dove rimasero per duecento anni. Nel 1974, ricorrendo il settimo centenario della morte, le spoglie di San Tommaso tornarono nella chiesa “des Jacobins” e furono interrate sul lato nord, al di sotto del moderno altare grigio. Da qualche tempo alcuni comuni del frusinate, Monte San Giovanni Campano e Roccasecca soprattutto, stanno tentando, in verità con scarsa fortuna, di far rientrare dalla Francia il corpo del Santo teologo. Altre sue reliquie, più presunte che reali, circolano un po’ dappertutto. Anche perché, a quanto si dice, prima del trasferimento a Tolosa, i monaci di Fossanova “separarono le ossa dalla carne allo scopo di fare di esse reliquie”. E così ognuno può vantare il suo bel pezzo di Santo. Pare che anche le suore di Itri conservino gelosamente una vertebra… Povero San Tommaso: a più di 700 anno dalla morte le sue ossa ancora non riescono a trovare pace.