
Lettera al Presidente della Repubblica
Qualche anno fa (2010) mi resi promotore di una raccolta di firme per ottenere il ritiro delle onorificenze concesse dalla Repubblica Italiana a Tito e ad altri militari iugoslavi, direttamente coinvolti nel massacro degli italiani alla fine della seconda guerra mondiale. Firme che inviai al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, assieme alla lettera di accompagno che di seguito ripropongo. Inutile sottolineare che non ebbi neanche un cenno di risposta (FR).
Al signor Presidente
della Repubblica Italiana
Giorgio Napolitano
Egregio signor Presidente,
il 2 ottobre del 1969 l’allora Presidente Giuseppe Saragat insignì il maresciallo Josep Broz “Tito”, a quel tempo presidente della Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia, del titolo di “Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana” con l’aggiunta del “Gran Cordone”, il più alto riconoscimento previsto nel nostro Paese.
Nella stessa occasione furono nominati “Cavalieri di Gran Croce” Mitja Ribicic, alto ufficiale della polizia segreta iugoslava e l’ammiraglio Franjo Rustja, primo assistente al comando del IX Corpus.
Questi “signori” furono grandemente responsabili della feroce pulizia etnica perpetuata tra il settembre del 1943 e il maggio-giugno del 1945 nei confronti dei nostri connazionali residenti in Istria, Dalmazia e Venezia Giulia, che vennero a migliaia infoibati, gettati in mare, fucilati, deportati nei campi di concentramento oppure fatti sparire nel nulla.
Così come furono direttamente responsabili del dramma inenarrabile di chi fu costretto, dopo il giugno del 1945, a lasciare il suo paese e la sua terra, soltanto perché italiano: e allora si contarono, come tutti ormai sanno, di più di 300 mila esuli.
Per questi motivi chiediamo, gentile Presidente, a lei che ha sempre esaltato con forza e determinazione i valori dell’italianità, che quelle onorificenze concesse a Tito, Ribicic e Rustja vengano ritirate in base alla norma della “indegnità”, contemplata espressamente dal nostro ordinamento giuridico e già applicata anche di recente.
Sarebbe, caro Presidente, un atto di giustizia, sia pure tardiva, nei confronti di quei tanti nostri connazionali che sono stati perseguitati fino alla morte, colpevoli soltanto di essere e di sentirsi italiani.
Certi di un benevolo e positivo riscontro, confidando nella sensibilità che alberga nel suo nobile animo, alleghiamo le firme all’uopo raccolte.